29 marzo 2015

Parlare con estranei

Venerdì. Sono in giro per l'aeroporto di Francoforte, si ferma vicino a me una ragazza che sembra un po' spaesata, poggia il borsone e su di esso biglietto e passaporto. È italiana.
Solitamente, quando incontro italiani all'estero faccio finta di non saperlo, faccio finta di essere straniera. Non so perché. Mi viene così. Questa volta no, sarà che sono in viaggio verso i miei, sarà il suo essere spaesata. Non lo so. "Italiana". "Sì". "Si vede dal passaporto".
Chiacchieriamo pochi minuti. Cosa facciamo lì. "Vado a trovare i miei. Vivo in Germania da un po' di anni. Sono alla fine del dottorato". "Ah, e cosa studi?". "Come si sviluppa il cervello". Cambia espressione, come un po' tutti ogni volta che lo dico. Deve suonare veramente strano. È in viaggio verso Doha per vedere la MotoGP, regalo del padre. "Da sola non farei neanche Pisa-Livorno".
Inizia la MotoGP. Seguo sempre come va, anche se da non un po' non guardo un Gran Premio. "Vedremo cosa farà Valentino Rossi quest'anno". "Quest'anno potrebbe essere il suo anno. Se non quest'anno, il prossimo. Il vecchietto". Ci salutiamo, mi incammino verso il mio aereo (che sarà in ritardo di un'ora, ma in quel momento non lo sapevo).


Domenica. Valentino Rossi ha vinto il primo Gran Premio della stagione a Doha. Contro ogni aspettativa, partendo dalla decima posizione. Non ho potuto vedere la gara, non ero a casa questo pomeriggio. Avevi ragione, almeno per questa Gran Premio avevi ragione. E lo hai visto da vivo.

Non so il suo nome. Non ci siamo presentate. Ma abbiamo chiacchierato per pochi minuti. Il bello di parlare con estranei. Non servono nomi. Sono io, senza pretendere. Può creare di tutto, grandi soluzioni e grandi casini.
È una delle cose che mi manca tanto, parlare con estranei.

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