11 giugno 2015

Alla fine di un giro

Lo ricordo come fosse successo un paio di settimane fa e non quasi quattro anni. Allo stesso tempo è così lontano da sembrare il ricordo di un'altra persona.

2 Settembre 2011. 
Siamo alla fine della Selection Week, ultimo giorno, ultime ore di ansia prima di sapere se si è dentro o meno. Tra applicanti non riusciamo quasi a parlare di cosa sarà, quasi parlarne possa frantumare il sogno. L'idea di pranzare in mensa non mi va proprio, così colgo al balzo l'invito a mangiare un panino sulla riva dell'Elba insieme ad altre tre applicanti. Siamo tutte da una nazione diversa, un'italiana, una tedesca, un'indiana e un'egiziana. Il tempo scorre piacevole e quasi ci passa di mente che è tempo delle buste, di quella lettera che ci dirà del nostro futuro.
Ore 6 pm. Siamo tutti nell'aula del primo giorno, dove ascoltammo ciascun PI (NdR principal investigator) parlare della propria ricerca. Su un paio di scrivanie sono disposte le buste. Cerco quella che reca il mio cognome, la trovo, mi sposto da qualche parte e la apro. E non voglio crederci, sono dentro. Devo rileggere ancora. Sono veramente dentro, ce la ho fatta, sono passata. Sono un PhD student, o meglio, lo sarò qui. Chiamo Simo, le devo dire. Sono passata davvero. Chiamo i miei e mio fratello. Sono passata.
Sembra di indossare degli occhiali strani, tutto sembra diverso ora. La luce dalle finestre è diversa. Non ho il coraggio di chiedere in giro, so che non tutti siamo passati. Ma le tre ragazze con cui ho passato il pranzo sono passate, le ritroverò qui tra qualche mese. È una strana sensazione, quell'aula mista di gioia e delusione. 
La sera scorre, c'è il PhD Party. Il cibo non è granché ma che importa, l'alcol sopperisce ampiamente. Bevo e rido. Bevo e scherzo. Bevo e parlo. Bevo e ballo. C'è anche il mio futuro capo, mi passa a salutare, ci rivedremo in due mesi, a inizio Novembre, per il Lab Retreat. E comunque io bevo. 
È passata la una ormai, sono allegrotta e stanca. È tempo di nanna che il giorno dopo si riparte per Milano.

3 Settembre 2011
Lascio Dresda sapendo che tornerò, due mesi e sono qui di nuovo. È strano partire per Milano, per la mia città, per il posto prima tanto odiato e ora amato profondamente, e sapere quando esattamente ripartirò per lasciarla. Probabilmente per tanti anni o per tutta la vita. 
Sono ancora stordita da questa settimane e soprattutto dalla serata precedente. Non so neanche cosa aspettarmi dal mio ritorno a Milano. Non me lo chiedo, la mia mente è in un altro mondo. Ho il sorriso stanco di chi ha dato tutto. 
Il viaggio va tranquillo, a Francoforte ho tempo di raggiungere il mio gate senza lasciarci i polmoni. Sto tornando a casa ma solo per due mesi. È tutto estremamente strano. Sono passata, ho una posizione da PhD Student. Ho raggiunto il mio obbiettivo e ora posso smettere di essere [scazzata mode on]. Questi ultimi mesi di intensi e dolorosi finiti, ho raggiunto il traguardo. Sono felice ma ho un retropensiero che non mi lascia, sta lì e lo so cosa mi dice. Lascio Milano, lascio la città che più mi ha cambiato e stupito. Lascio Milano, lascio le persone a cui più devo la Ste di ora. Sarebbe successo, era questione di poco. Lo so. Ma nella felicità questo fa male.
Arrivo a casa che sono le 10.30 pm. Stanca. Chiamo i miei. Sento Simo. C'è una serata, disco, il solito gruppo. La stanchezza va, può aspettare. Ora è tempo di festeggiare qui. 
Mi passano a prendere un oretta dopo, io sono pronta alla serata. La stanchezza non c'è più. C'è Simo, l'abbraccio finalmente. È contenta, la Ste ce la ha fatta. È passata. 
Poi via verso la disco. Ci sono un po' tutte e tutte a congratularsi. È la mia serata. Si beve e si scherza. Si beve e si ride. Si beve e si parla. Si beve e si balla. Si beve.
Usciamo fuori io e Simo. L'aria è fresca e un po' umida dalla pioggia che c'è stata. Peccato che la parte all'aperto non sia utilizzata oggi. Simo porta la sigaretta alla bocca, fa un tiro e mi guarda negli occhi. "Allora te ne vai". La guardo negli occhi e vedo quello che sento io, lo sapevamo entrambe ma comunque farà male. 

Si arriva, si cresce, si vive, si parte. È un ciclo continuo, come il giorno e la notte. Siamo alla fine di questo giro e uno nuovo sta per iniziare.

1 commento:

  1. Ste che dire...se penso a quella selezione, al fatto che hai avuto tanto coraggio ad andare via, a fare un dottorato all'estero, non posso che provare tanta stima!
    Un abbraccio!

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