Io non ho mai visto abbastanza film, è qualcosa di cui ho realizzato il significato una volta che mi sono trasferita a 1000km da casa, da quello che allora chiamavo casa. A contatto con persone completamente diverse da me, con in comune solo il fatto di aver scelto quella facoltà, nel bene e nel male, mi ha dato la possibilità di confrontarmi con un ambiente realmente diverso rispetto a quello in cui ero vissuta per 18 anni. Una possibilità che non ho mai sfruttato a pieno, anzi di cui ho sfruttato solo un millesimo. In questa minima parte c'è stato il confronto con miei coetanei decisamente più appassionati di cinema di me (il che, di per se, non ci voleva molto), decisamente con maggiori conoscenze, tali da farmi sentire realmente "ignorante". Se per il libri ancora ancora riuscivo a cavarmela, i film decisamente erano (e rimangono) una lacuna. In questi 4 anni passati a Milano ho cercato un po' di recuperare grazie sia ai film gentilmente "prestati" dai miei colleghi, sia ai Bellissimi di Rete 4 (canale praticamente inguardabile, film di seconda serata a parte), sia allo streaming online. In realtà non ho recuperato granché, però un po' meno ignorante di prima lo sono. Stasera è toccato a un film del 2003, Big Fish di TimBurton. E' un film strano, non scontato, da vedere.
Come detto, non ho mai realmente approfittato del fatto di potermi confrontare con i miei colleghi di questi 4 anni di università. In questo tempo sono stata più che altro una realtà a se stante, a volte volente altre nolente. Certo io ci ho sempre messo del mio in questa situazione, tanto per dare un'idea, sono partita da Cosenza con il pensiero ben fisso in testa di non avere amicizie qui a Milano. Non so bene come spiegare questa mia convinzione, non riesco a farlo senza dover aprire un numero cospicuo di ricordi e pensieri annessi, cosa che ora non è il caso di fare. Comunque tutto è andato bene, nella media di alti e bassi, fino alla fine del terzo anno. Poi il mondo decide di scuotersi un po' di più, quel tanto che basta per cambiare un paio di carte in tavola, il numero sufficiente a stravolgere tutto, ma non subito, con una lentezza quasi sadica.
Alla fine del quarto anno ho deciso che questa volta dovevo essere io a decidere i cambiamenti da fare...e io volevo cambiare tutto il cambiabile. Così sono state spazzate via un po' di cose che hanno caratterizzato la mia vita qui:
- le lezioni in università (ma questo non per scelta mia, l'ultimo anno è solo di tesi [per mia immensa gioia])
- la Smemo che compravo puntualmente prima di ogni anno
- la pallanuoto con gli allenamenti serali, la doccia nello spogliatoio, la partita la domenica
- la Chiesa con i suoi appuntamenti fissi, le sue regole, le cose che non ho mai compreso e nessuno mi ha mai spiegato (probabilmente perché una spiegazione non me la possono dare)
- le persone con cui esco, tra nuove persone incontrate e persone riscoperte, per cui a loro volta nuove
- i posti che frequento, soprattutto alla perenne ricerca di un posto diverso, possibilmente fornito di buona birra
- i viaggi, prima concentrati tra Cosenza (il 99,9%) e Padova (il restante o,o1%) fatta eccezione per le due volte che sono stata da Tere e le altrettante volte che sono stata a Roma, ora dispersi un po' ovunque (soldi permettendo...)
- le abitudini, quasi tutte diverse
Sì, ho deciso di fare un po' di piazza pulita, di fare un po' di spazio o, forse, di darmi un po' di spazio. Non so bene cosa ne uscirà da tutto ciò, ma detto fra noi, non è un punto che mi interessa. Anche se ieri sera, tornando da casa di Tonia, ragionavo sul perché, dopo 4 anni, io abbia scelto di parlare con lei pur conoscendomi. La mia parte razionale e "calcolatrice" (so che è una parola brutta, ma mi serve per rendere l'idea di come niente il mio raziocino approvi senza prima aver valutato pro e contro) non se lo riesce ancora a spiegare, di conseguenza neanche io me lo spiego.
Anche per spiegare il pur conoscendomi dovrei riaprire un po' troppi capitoli per l'orario che si è fatto. Detto in breve, la mia dipartita da Cosenza mi ha lasciato un vuoto, molto più grande di quello che mi aspettavo, tale da portarmi a voler essere senza legami in una nuova città non mia, così da lasciarla libera come al mio arrivo (perché, come sapevo che sarei andata via da Cosenza, so che andrò via da Milano). Alle porte di questo ultimo anno mi sono posta la domanda "Ma cosa ho lasciato di mio qua? io vado via, ma una mia traccia è rimasta?", la risposta è stata "Probabilmente no e, anche se è rimasta, andrà via con la prima pioggia di ricordi". Non è stato piacevole pensarlo, ma effettivamente sono stata per buona parte del tempo, un pezzo intercambiabile, di quelli che il più fanno numero. E non era esattamente questa l'università che sognavo tra i banchi di scuola, quella che ti fa venir voglia di crescere velocemente e buttarti in una nuova avventura. Forse c'era qualcosa da cambiare e alla fine, chi non risica non rosica.
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