8 giugno 2008

Libri

Entrare in una libreria è quasi come varcare i confini di un mondo a se, un ibrido di diverse realtà cartacee. Per me è come l'Isola che non c'è, dove divento una bimba sperduta, nel senso letterale della parola: cammino tra scaffali e pile di libri perdendo la concezione del tempo, come se lì non esistesse. E' il regno della mordace follia, coltivata dal primo liceo, che mi ha tramutato in una nottambula incallita (nonché dissipatrice di somatotropina, il che in parte spiega il motivo per cui mi trovo una pinna per piede [40-41] e "solo" 1.70m di altezza). Fino a quando ho vissuto vicino Cosenza, i miei santuari sono stati, prima la Domus L.U.C.E. in corso Italia, poi la Mondadori a piazza 11 Settembre, il sabato dopo scuola di solito. Una volta catapulta a Milano, la sua sede di elezione è diventata la Feltrinelli in Duomo (già adocchiata poco meno di due anni prima durante il mio primo breve sbarco in questa città). Pensare che tutto è nato da un "premio" che veniva consegnato ai 2 alunni per classe con la media di voti più alta in pagella e lo fecero per due anni di seguito (esattamente la mia terza media e il primo anno del liceo). Se non erro si trattavano di un buono di 50.000 lire de spendere in libri non scolastici, in breve uno stimolo a leggere che io colsi al volo: con il primo mi ricordo che comprai Harry Potter e la stanza dei segreti (quando ancora Harry Potter era un personaggio come tanti...tanto è che io per errore comprai prima il secondo libro), un libro di Valerio Evangelisti (Magus: Il Presagio) e, se la memoria non mi inganna, un libro di Terry Brooks (Il viaggio della Jerle Shannara: La strega di Ilse). Nei primi anni del liceo, come si può notare dagli acquisti, era il fantasy che mi attirava di più, con le magie di Harry Potter (riuscii perfino a divulgarlo in classe) e con i paesaggi finemente descritti di Terry Brooks (degno erede di J.R.R. Tolkien). Non si trattava certo dei primi libri che leggevo, anzi questa passione mi è stata infusa sin dalla tenera età, quando mia madre per farmi addormentare metteva le audiocassette di Fiabe Sonore
A mille ce n'è nel mio cuore di fiabe là-là-là... (là-là-là...)
Venite con me nel mio mondo fatato per sognar... (per sognar...)
Non serve l'ombrello, il cappottino rosso o la cartella bella per venire con me,
basta un po' di fantasia e di bontà... (e di bontà...)"
.Poi ci furono i Topolino e i Piccoli brividi, senza dimenticare i vari libri che avevo in casa, fra tutti i romanzi di Jane Austen:“E’ una verità universalmente riconosciuta che un uomo scapolo in possesso di una vasta fortuna debba essere alla ricerca di una moglie.”
In casa erano presenti quasi tutti i suoi libri (mia madre aveva scritto la tesi su di lei) e il suo stile di scrivere, la sua sottile ironia inglese, mi convinsero a comprare quelli che mi mancavano. Ma nessuno arriva ai livelli di Pride and Prejudice. A questi si aggiunsero altri libri: Ken Follett, Luigi Pirandello, Sergio Bambaren, Jonathan Coe, Gibran, Fabio Volo, Paulo Coelho,... E portò i miei genitori ad arginare la mia fame di libri che iniziava a intaccare un po' troppo il loro portafoglio.
A Milano c'è stato il vero boom, un'ampiezza di scelta simile a Cosenza potevo solo sognarla. A dimostrazione di ciò tra il febbraio 2006 e il febbraio 2007 ho raccolto 100 punti con la Carta Più (dove 1 punto equivale a 3 euro...fate un po' il conto di quanto ho speso, minimo, in 12 mesi). Se dove vivo ora ho "guadagnato" una vasta scelta (e anche una maggiore libertà), ho perso il "tempo libero" da dedicare alla lettura. La vita universitaria non mi concede più il nottambulismo liceale e almeno 5 ore a notte devo dormire o i miei neuroni in classe neanche ci arrivano. Mi trovo così a comperare più di quanto effettivamente riesco a leggere. Ma ogni volta che vado in Duomo non riesco a non passare dalla Feltrinelli. Tutte quelle file di libri hanno un effetto opposto su di me: da una parte mi esaltano e dall'altra mi sento "piccola" con i mie libri (100-150). Girando inizio a scrutare qua e là alla ricerca di qualcosa che mi colpisce, in seguito prendendo in mano la "prima selezione", di solito 4-5-6 libri. A questo si aggiunge la struggente scelta, più di un paio per volta non ne compro e mi affido al mio "istinto" per scegliere chi portare con me.
Tra i miei progetti/sogni futuri c'è la creazione di un piccola biblioteca in casa, come era d'uso nelle agiate famiglie di un tempo. Una sorta angolo personale, purtroppo decisamente costoso. "Perché allora non prendere i libri in biblioteca?". E' una domanda che mi è stata posta da più persone, a cui rispondo "Perché non sono miei". Una volta finito un libro mi piace avere la possibilità di riaprirlo settimane, mesi, anni dopo, di poter gustare di nuovo le parole, di trovare sfumature che prime mi erano sfuggite. Non conosco la gelosia nei confronti di altre persone, ma provo una forte gelosia nei confronti dei miei libri; non so neanche bene spiegarla...sulle loro pagine non deve comparire scritta, neanche a matita, devono possibilmente rimanere immacolati (per quanto vissuti). L'unica persona che ha alcuni miei libri è mio fratello, sinceramente non mi piace ma per la pace familiare ho evitato di farglielo notare troppe volte (solo 3 o 4 negli ultimi 5 anni).
Prima o poi mi deciderò di inserire un elenco dei miei libri in questo strano spazio, ma prima ancora devo completare la catalogazione iniziata tempo fa. So bene che parlando di libri traspare una passione che a volte rasenta l'ossessione, ma, in fondo, chi non ne ha almeno una? Senza di loro non avrei neanche iniziato ad amare lo scrivere.

2 commenti:

  1. alla fine dell'arcobaleno allora mi sa che tu troverai una libreria..
    a me succedeva lo stesso con i negozi di dischi, ma questo in era pre-internet e pre-scaricamento..

    dal tuo commento penso che tu sia sì un pò contorta, ma il giusto dai

    ciaooo

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  2. se la passione per il fantasy non ti e' passata (ma questo e' un fantasy assolutamente sui generis, piu' parodia che altro) in "A me le guardie" di Terry Pratchett, c'e' una riflessione (confinata in una bellissima nota a pie' di pagina) sulla capacita' che hanno grandi quantita'di libri normali confinati in spazi ristretti (come nei monolocali o ancora meglio nei polverosissimi negozi di libri usati) di curvare lo spazio tempo e di sovvertire le leggi della fisica... io ci penso ogni volta che entro in una libreria ci penso... econcludo che Terry Pratchett ha assolutamente ragione.

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