14 maggio 2008

Morale e cultura

Appena finita la lezione di bioetica e sono, non so come dire...mentalmente svuotata. Definirla lezione non è esatto, è più simile a un forum con un moderatore (la professoressa) che ci da input, ci corregge, ci pone domande, ci da' punti di vista. per me è quasi impossibile prendere appunti perchè capire il confine tra la strada principale (ossia il programma del corso) e quelle secondarie imboccate in seguito a domande, aneddoti o altro, è veramente difficile. L'argomento odierno era lo Statuto dell'embrione, anzi è l'argomento che tentiamo di approcciare dalla scorsa lezione ma nuovamente si è terminato parlando di altri argomenti, altrettanto interessanti. Quello di oggi è nato parlando del relativismo etico, o meglio sulla possibilità che io, persona appartenente a una data cultura, giudichi immorale e influenzi la cultura di altre persone e le azioni che derivano da essa (trovare parole giuste per ciò che scrivo non è facile, ci provo ma allo stesso tempo è da prendere con le pinze); da qui si possono vedere due posizioni: chi crede non si possa fare ciò se per l'altra cultura l'azione è morale (cioè positiva), per quanto possa esser immorale secondo la propria e chi crede che così facendo si ricada nel relativismo etico di fronte azioni che, pur essendo morali secondo quella cultura, vadano a ledere la persona (e quindi immorali). Porto l'esempio fatto in classe dalla professore (su cui abbiamo discusso, per quanto in modo non esaustivo, durante la lezione) evitando di riportare tutto quanto (anche per motivi di tempo). Si tratta dell'infibulazione, in alcune culture (che non corrispondono a una specifica religione) è praticata e ritenuta morale (al punto di difenderla strenuamente), in altre quale quella a cui appartengo la sola parola fa inorridire. Sembrerebbe dunque ovvio, dal punto di vista della mia cultura, impedire e sanzionare questa pratica (come regolato da una legge approvata nel gennaio 2006) ma quanto possiamo essere sicuri che questa strada adotta sia quella giusta? quanto la nostra cultura possa invadere, senza se e senza ma, un'altra cultura? La prima obiezione/risposta a questa ultima domanda è l'atto stesso di mutilazione genitale e quello che consegue nella vita di quelle donne, ma non risolve completamente la questione. Infatti, in una convention di donne filosofe tenuta anni fa (tra cui donne su cui era stata praticata l'infibulazione), uscirono fuori ulteriori questioni poste dalle stesse. Prima di riprendere queste questioni aggiungo che nelle culture in questione l'essere infibulate è necessario per essere accettate all'interno della "società" stessa, quindi per avere in futuro una famiglia, un po' alla stregua del battesimo, atto necessario per rientrare nella "società" cristiana (per quanto ripento che l'infibulazione non è legata ad alcuna religione ma è un fatto culturale). Si tratta quindi di un rituale che ha in se dei significati che vanno al di là del controllo dell'attività sessuale della donna, in cui non mi addentro in quanto ignorante in materia. Comunque quello che obiettarono alle donne occidentali fu:
- se per voi è più importante l'integrità del corpo, per noi è importante l'esser accettate dentro la società e quindi avere la possibilità di avere una famiglia e un futuro.
- se voi praticate chirurgia estetica per essere accettate dalla società in cui siete, cosa impedisce noi di esser infibulate?
Si tratta quindi anche di essere accettate, qualcosa comune a tante donne, per non dire a tutte. Per quanto macabro, è assimilabile a un canone estetico non poi così lontano da quello ricercato da chi ricorre al silicone al seno, alla liposuzione estetica, etc (per cui ricordo che alcune donne sono rimaste deturpate per sempre e altre sono morte). Siamo quindi veramente in grado di dare un giudizio di immoralità?
La realtà dei fatti è che la legge vigente non risolverà il problema legato all'infibulazione, un approccio più proficuo sarebbe stato quello di cercare un dialogo con la cultura (quindi non con i singoli casi) a cui far notare quello che comporta come mortalità e problemi successivi tale pratica e magari trovare un "compromesso" qualcosa che mantenga il rituale ma elimini il danno fisico-psichico. A proposito cito la proposta fatta nel 2004 da Omar Abdulkadir di un "rito alternativo" ossia una piccola puntura di spillo sulla clitoride della bambine, sotto anestesia e completamente innocuo ma che mantenesse il significato rituale. Allora la proposto accese il dibattito e soprattutto i pareri contrari che diventarono presto una bufera. Allora sorge la mia domanda provocatoria: possiamo noi impedire effettivamente alla Chiesa Cristiana il battesimo? Allo stesso modo possiamo togliere a queste culture il senso di questo rituale?

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